La Quarta Stanza n°14
Editoriale
Scrivere per un periodico dovrebbe significare, quantomeno, scriverci periodicamente, a intervalli di tempo più o meno regolari, sviluppare delle tematiche, dare spazio a rubriche, seguire un leitmotiv. Ma nella nostra Quarta Stanza questo non si fa, noi non siamo così. Siamo più libertini diciamo, fancazzisti se volete; noi scriviamo quando ne abbiamo voglia, magari se ci resta il tempo, scriviamo “così ci passa”. Ma cos’è in fondo sta quarta stanza? Confesso che il dubbio ogni tanto mi assale, soprattutto quando iniziamo a mettere insieme le idee per un nuovo numero. Non so come, ma vorrei ricordarmene il senso, ricordare il progetto iniziale, confrontarlo con quello attuale, capire se stiamo procedendo nella direzione giusta.
Così decido di andare a ricercare questo senso nel nostro archivio, non che al Laboratorio Collettivo esista un vero e proprio archivio, abbiamo un tavolino più che altro, di quelli col piano d’appoggio in vetro e col cassettone, da dove si possono scorgere in fila uno dietro l’altro i numeri di questa rivista. Bene quello, lo apro e cerco. Il primo numero, anzi il “numero 0” risale al 2005. Quanti anni sono passati. Un po’ impolverato a dire il vero, ma si legge ancora. La grafica è un po’ minimalista, l’impaginazione “fatta a casa”, il colore è bianco/nero. Un’altra epoca. Mi colpiscono due frasi. Le prendo in prestito dagli amici Marika e Rocco. «La Quarta Stanza non ha porte, né pallide pareti, non ha finestre da incorniciare. Nella quarta stanza non c’è luce, non c’è ombra, non c’è parola ad essere ascoltata, orecchio per poterla udire […] Eppure è così immensa che potrebbe contenere tutto questo»; «[…] l’urgenza di liberare un miliardo di voci troncate in gola. Ed è proprio questa urgenza che all’improvviso si sprigiona, come nell’energia di una molla, anche nelle pagine di questa Quarta Stanza. […] Non possiamo che augurarci che tale urgenza si trasformi, che diventi consistente e, in qualche modo, potente». A me queste parole bastano per capire che il senso è rimasto invariato. Questo piccolo foglio è nato per dare voce a un’urgenza, quell’urgenza che scaturiva nove anni fa da voci silenziose ma tenaci, che spingeva a raccontare Villa Castelli e il mondo da un altro punto di vista, che offriva idee rivolte a un cambiamento necessario. Quell’urgenza vive ancora e resta il nostro centro propulsore. E magari saremo pieni di lacune o difetti, ma la nostra scrittura è la dimostrazione tangibile di una presenza all’interno di questa terra di assenze.
Così per la quattordicesima volta torniamo. Come sempre vi parliamo delle attività dell’associazione, che per la prima volta quest’estate vi propone un progetto realizzato in collaborazione con la Regione Puglia (di cosa si tratti lo leggerete all’interno), Mary vi parla di un modo tutto nuovo di viaggiare, Francesca dal Salento vi racconta chi è Antonio Verri, Mara da Düsseldorf vi apre la sua “stanzetta sul mondo”… e poi basta, scoprite il resto da soli!
Scrivere per un periodico dovrebbe significare, quantomeno, scriverci periodicamente, a intervalli di tempo più o meno regolari, sviluppare delle tematiche, dare spazio a rubriche, seguire un leitmotiv. Ma nella nostra Quarta Stanza questo non si fa, noi non siamo così. Siamo più libertini diciamo, fancazzisti se volete; noi scriviamo quando ne abbiamo voglia, magari se ci resta il tempo, scriviamo “così ci passa”. Ma cos’è in fondo sta quarta stanza? Confesso che il dubbio ogni tanto mi assale, soprattutto quando iniziamo a mettere insieme le idee per un nuovo numero. Non so come, ma vorrei ricordarmene il senso, ricordare il progetto iniziale, confrontarlo con quello attuale, capire se stiamo procedendo nella direzione giusta.
Così decido di andare a ricercare questo senso nel nostro archivio, non che al Laboratorio Collettivo esista un vero e proprio archivio, abbiamo un tavolino più che altro, di quelli col piano d’appoggio in vetro e col cassettone, da dove si possono scorgere in fila uno dietro l’altro i numeri di questa rivista. Bene quello, lo apro e cerco. Il primo numero, anzi il “numero 0” risale al 2005. Quanti anni sono passati. Un po’ impolverato a dire il vero, ma si legge ancora. La grafica è un po’ minimalista, l’impaginazione “fatta a casa”, il colore è bianco/nero. Un’altra epoca. Mi colpiscono due frasi. Le prendo in prestito dagli amici Marika e Rocco. «La Quarta Stanza non ha porte, né pallide pareti, non ha finestre da incorniciare. Nella quarta stanza non c’è luce, non c’è ombra, non c’è parola ad essere ascoltata, orecchio per poterla udire […] Eppure è così immensa che potrebbe contenere tutto questo»; «[…] l’urgenza di liberare un miliardo di voci troncate in gola. Ed è proprio questa urgenza che all’improvviso si sprigiona, come nell’energia di una molla, anche nelle pagine di questa Quarta Stanza. […] Non possiamo che augurarci che tale urgenza si trasformi, che diventi consistente e, in qualche modo, potente». A me queste parole bastano per capire che il senso è rimasto invariato. Questo piccolo foglio è nato per dare voce a un’urgenza, quell’urgenza che scaturiva nove anni fa da voci silenziose ma tenaci, che spingeva a raccontare Villa Castelli e il mondo da un altro punto di vista, che offriva idee rivolte a un cambiamento necessario. Quell’urgenza vive ancora e resta il nostro centro propulsore. E magari saremo pieni di lacune o difetti, ma la nostra scrittura è la dimostrazione tangibile di una presenza all’interno di questa terra di assenze.
Così per la quattordicesima volta torniamo. Come sempre vi parliamo delle attività dell’associazione, che per la prima volta quest’estate vi propone un progetto realizzato in collaborazione con la Regione Puglia (di cosa si tratti lo leggerete all’interno), Mary vi parla di un modo tutto nuovo di viaggiare, Francesca dal Salento vi racconta chi è Antonio Verri, Mara da Düsseldorf vi apre la sua “stanzetta sul mondo”… e poi basta, scoprite il resto da soli!